IL TARANTISMO 

 

“Morso di Taranta da cui Tarant-ismo o malattia della danza” così definito da studiosi medici e uomini di Chiesa, quel fenomeno storico religioso che caratterizzò l’Italia Meridionale ed in particolare la Puglia fin dal Medioevo.

A sua volta il famigerato ragno-taranta o tarantola, deriva il proprio nome dalla città di Taranto, nella cui regione, in diversi periodi, si verificarono episodi di intossicazioni da morsi di ragni velenosi che per gli aracnologi erano dovuti al Latrodectus o Vedova Nera ma dalla gente venivano attribuiti alla più grande e vistosa Tarant-ola (Lycosa Tarentula cfr. Hecker, op.cit. Danzimania).
Le musiche, i canti e le danze impiegate per la cura di quanti venivano, nel vero o nel simbolico, morsi dalle Tarant-ole vennero chiamati dalla fine del XVI° sec., in poi Tarante e Tarantelle ( Cfr. Di Lecce, Le tarantelle – Pizziche, Galatina 2001)

Il fenomeno del Tarantismo fu affrontato pressoché in maniera definitiva successivamente da Ernesto De Martino, durante la sua spedizione nel Salento nel Giugno del 1959 per constatare l’intero fenomeno e analizzare l’antichissimo rito di guarigione dei tarantati e del loro pellegrinaggio a Galatina (nei pressi di Lecce) nella Cappella di San Paolo, luogo di culto dove avveniva il rito coreutico musicale delle donne e uomini tarantati, di cui si è avuta l’ultima testimonianza il 29 Giugno 1993, con le danze finali di un’anziana donna tarantata che ha eseguito il rito danzato per 26 anni (cfr; Di Lecce Giorgio, “La  Danza della piccola taranta”).

Questa danza  osservata e descritta sin dal Medievo è scandita da ritmi e melodie che vanno dal “lento” al “vivace”. Gli esempi riportati dalla letteratura popolare descrivono infinite forme di danza di taratati con diversi oggetti e accessori (spade, fazzoletti, nastri, ventagli, conchiglie ecc.)

E. De Martino e la sua Equipe, con l’Etnomusicologo D. Carpitella, a seguito della loro spedizione nel Salento, inserirono questa danza nel contesto di un vasto fenomeno culturale che riconosceva un organico sistema mitico-rituale, di cui la pizzica-tarantella costituiva il momento risolutivo. (E. De Martino – La terra del rimorso, 1961 Milano). Essa ha continuato ad essere praticata in casa o in cappella, sempre meno, fino alla recente scomparsa, ultimo caso quello sopra citato del 29 giugno 1993.

Secondo il naturalista tedesco W. Katner (1956) che partecipò alla spedizione di De Martino,  a partire dal XVII secolo, queste epidemie coreutiche si manifestarono sotto forma di feste popolari, in cui, musicisti e partecipanti provenivano da differenti villaggi e di cui erano principali protagoniste le donne. La popolazione pugliese, dal carattere molto tradizionalista, obbligò la Chiesa ad adattare il Cristianesimo a quelle tradizioni popolari, cioè a far coincidere il suo calendario cristiano con i giorni delle feste tradizionali locali, a costruire le sue chiese vicino ai templi e a sostituire le antiche divinità con i suoi Santi. Ma le manifestazioni con danze sfrenate rimasero inaccettabili per la Chiesa e furono proibite.
Malgrado ciò, questi riti, profondamente radicati nella popolazione, continuarono a vivere, ad essere praticati al di fuori delle funzioni religiose ufficiali, fino a divenire oggi delle danze popolari durante le feste locali.
Nel corso di queste manifestazioni popolari, le danzatrici e i danzatori più sfrenati erano considerati come:  ATTARANTATI

 

Questa danza, permane oggi nella memoria della gente  e la musica risanatrice viene ora riproposta in concerti e spettacoli, assieme alle danze.

 

Riferimenti Bibliografici:

G. Di Lecce, La Danza della Piccola Taranta,  1993, Ed, Sensibili alle Foglie

Giorgio Di Lecce, Le tarantelle Pizziche, 2001,  Ed. besa

E. De Martino, La Terra Del Rimorso, 1961, Ed. Il Saggiatore

G.F.K. Hecker, Danzimania, Ed. Besa

 

Materiale concesso dalla compagnia Arakne Mediterranea all’Associazione Culturale Autunnonero.

 

Foto 2: da www.salentoviaggi.it